Sogno come ferita. Sogno come rigenerazione e rivitalizzazione di radici inconsce ma robuste, rampicanti. Sogno come finzione in grado di spingere sul ciglio della veglia. Sogno come condizione permanente, necessaria alla vita. Ma anche in grado di scuoterla, di chiamarla a sé, di invertire il processo. Stracciandone le vesti conosciute, o per meglio dire: ri-conosciute, familiari, come di culla fittizia e sonno inerte.
Dare voce al sogno e farlo in chiave collettiva è per noi abitare un limite: quel limite che vacilla inquieto tra il tempo e il suo desiderio, tra l’aprire gli occhi a una fattualità abbacinante e chiuderli per vedere meglio con la luce agitata ma profetica del nostro inconscio, dall’altra parte dell’abisso.
Valentina Nicole Savino